Paolo Naso ha interessi prevalenti nel campo della sociologia e della politica e, tuttavia, si rende benemerito per un’iniziativa che reca gran beneficio al progresso della ricerca storica. Si tratta di un’appuntamento annuale di cui è da tempo promotore presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza di concerto con il Dipartimento di Storia Cultura Religioni, diretto dall’ottima collega Emanuela Prinzivalli, con il Centro di Documentazione Metodista (presidente M. Aquilante) e l’OPCEMI (presidente M. Manocchio). Siamo alla settima edizione, e non è poco! Si pensi che a sèguito di ogni convegno v’è la puntuale pubblicazione degli atti presso una signora Casa Editrice quale la Carocci di Roma.
Gli interventi vertono sempre sulla storia del Metodismo, specialmente in Italia.
Oggi, giovedì 9 novembre 2017, ho partecipato ai lavori della mattinata con grande profitto. Tre relazioni, in particolare, hanno a mio parere contribuito non poco al progresso della riflessione storiografica.
- La relazione di Andrea Annese (Univ. Roma La Sapienza) si basava sulle edizioni delle missioni metodiste italiane dall’inizio del loro impegno in Italia per tutto l’Ottocento. La vulgata storiografica di un metodismo italiano composto da garibaldini infuriati e socialisti di piazza ne esce profondamente rivista e corretta: prima ancòra di iniziare la loro presenza in Italia, ha argomentato persuasivamente il giovane Annese, i metodisti avevano una chiara identità teologica ed esperienziale wesleyana. Erano inoltre attenti alla patristica di cui pure pubblicavano testi (attenzione che poi il protestantesimo italiano perderà). Lo studio di Annese si basava su una collazione di testi a stampa: prova provata del volto genuino di quell’antico metodismo.
- La relazione di Marco Novarino (Univ. di Torino) ha riguardato i rapporti tra protestanti e massoneria dall’unità d’Italia al 1924. Con ampia e solida documentazione d’archivio lo studioso ha rivisto e profondamente modificato la vulgata storiografica consacrata da un sia pur autorevole storico come Giorgio Spini per il quale l’una realtà non aveva inciso sull’altra per niente. Al contrario le convergenze e le sinergie furono molteplici e significative. Attendiamo la pubblicazione non solo del contributo ma di un intero volume del collega torinese.
- La relazione di Donato Di Santo (Ist. Ital. Studi Storici) ha mostrato come in Vaticano e nelle periferie cattoliche vi sia stata sempre un’azione antiprotestante capillare la quale emerge mano mano che gli archivi ecclesiastici vengono resi fruibili agli studiosi.
Mi consentirete di trarre da questa mattinata di lavoro un senso di soddisfazione derivante dall’aver io stesso già prima enunciato queste tre conclusioni in più sedi dove ho potuto scrivere. A) Il metodismo italiano ha effettuato una vera e propria rimozione storiografica del suo passato facendo evaporare la spina dorsale wesleyana a favore di una identità fluida e assimilabile al mero impegno sociale; B) La visione del ‘massonevangelismo’ di Spini è stata molto parziale, non gliene faremo una colpa poiché tali erano le sue conoscenze in materia di Libera Muratoria; C) L’azione della nunziatura apostolica vaticana rappresenta il vero agente della repressione antiprotestante, e l’exemplum più significativo è la circolare antipentecostale del 1935 che a me è sempre sembra dettata alla lettera da autorità ecclesiastiche.
Un grazie a Paolo naso per aver messo in cantiere tutto ciò e i migliori auguri di un futuro altrettanto ottimo lavoro.